Johannes Kepler e la nuova astronomia

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Owen Gingerich

(Lettura di George Darwin  10 Dicembre 1971)
(Smithsonian Astrophysical Observatory - Harward College Observatory)

 

Johannes Kepler fu concepito il 16 Maggio 1571 alle 4:37 del mattino e nato il 27 Dicembre alle 2:30 del pomeriggio. Vediamo perciò che il 1971 fu il 400° anniversario, non solo della sua nascita, ma anche del suo concepimento. L’esistenza di date così accurate ci ricorda che Keplero visse in un’epoca nelle quale astronomi voleva dire ancora astrologi e quando la parola scienziato non era stata ancora inventata. Keplero scrisse queste date quando aveva 25 anni ed era molto affascinato dall’astrologia. Come molti dei più grandi scienziati, ebbe un profondo senso per l’armonia del cielo; Keplero credeva in una potente concordia tra il cosmo e l’individuo, sebbene egli rifiutasse molti dei dettagli tradizionali dell’astrologia.

Dal nostro punto di vista scientifico e filosofico, lontanamente rimosso intorno al 17° secolo, ogni giudizio su questo genio deve essere incompleto ed imperfetto. Tuttavia la prospettiva del nostro 20° secolo può offrire la perspicacia degli interpreti delle generazioni precedenti. Se Keplero potesse scegliere con parole del nostro secolo, suppongo che egli vorrebbe essere chiamato cosmologo. Io preferisco argomentare che Keplero potrebbe essere chiamato con maggior precisione il primo astrofisico.

Keplero si posiziona alla congiunzione della storia dell’astronomia, quando il vecchio sistema con l’Universo centrato sulla Terra stava lasciando la strada al nuovo sistema centrato sul Sole. Il sistema eliocentrico presentato da Keplero conteneva ancora molte vestigia della vecchia astronomia. Il più grande libro di Keplero fu la "Astronomia Nova". Pubblicato nel 1609, esso rompe l’incantesimo durato due millenni dei cerchi perfetti e del momento angolare uniforme – esso fu veramente la "Nuova astronomia". Questo lavoro, che Keplero chiamò la sua "guerra su Marte", sarà al centro focale delle mie note.

Ci fu poco nella giovinezza di Keplero ad indicare che egli sarebbe divenuto uno dei maggiori astronomi di tutti i tempi. Sebbene la supernova di Tycho del 1572 esplose mentre Keplero era nell’infanzia, la grande cometa del 1577 fece una grande impressione. Keplero fu un fragile e malaticcio fanciullo, ma intelligente, e dopo le scuole elementari di latino egli vinse facilmente una iscrizione alla vicina Università di Tubingen così che poté studiare per diventare un sacerdote Luterano. Lì egli produsse un record "A giusto" – ma la registrazione dei gradi conservate a Tubingen mostra che quasi tutti erano studenti A nel 1589. Nel raccomandarlo per il rinnovo della iscrizione, il senato della Università notò che Keplero "aveva una magnifica mente e che ci si poteva aspettare qualcosa di speciale da lui".

Ancora Keplero scriveva di se stesso che sebbene avesse fatto bene negli studi matematici prescritti, nulla indicava in lui un talento speciale nella astronomia. Dunque egli fu sorpreso ed angosciato quando, a metà strada tra il terzo e l’ultimo anno di studente di teologia a Tubingen, fu convocato a Graz, molto lontano nell’Austria del sud, per diventare insegnante di Astronomia ed il matematico della provincia.

Alla alta scuola protestante di Graz, Keplero si trasformò per non essere un insegnante veramente buono. Nel primo anno ebbe solo pochi studenti e secondo anno per nulla. Inutile a dirsi, questo gli offrì più tempo da dedicare alle proprie ricerche! Tuttavia, fu in una delle sue letture di classe che Keplero azzeccò cosa egli credeva di essere la chiave segreta alla costruzione dell’Universo.

Questa chiave sollevò una discussione cruciale: a Tubinga, Keplero era diventato un Copernicano. L’insegnante di Astronomia, Michael Maestlin, fu notevolmente ben informato sulla De Revoluzionibus di Copernico. Tuttavia, abbastanza stranamente, il suo popolare e spesso ristampato, Epitome Astronomiae, non fa nessun accenno alla cosmologia eliocentrica. Nonostante ciò, nelle sue letture a Tubinga, Maestlin incluse una discussione del nuovo sistema Copernicano. Egli spiegò come questo sistema tenesse conto della moto retrogrado nel modo più naturale e come i pianeti, fossero messi in gioco in modo molto armonico, sia rispetto alla loro distanza dal Sole, sia rispetto ai loro periodi [di rivoluzione].

Fu indubitabilmente la meravigliosa regolarità armonica ‘così piacevole per la mente’ che attrasse così fortemente il senso dell’estetica di Keplero e lo indusse a diventare un così entusiasta Copernicano – all’opposto di Maestlin, il timido Copernicano. A Keplero, il teologico, queste regolarità rivelavano al gloria di Dio. Quando finalmente svelò questa chiave segreta dell’Universo, egli la attribuì alla Divina Provvidenza. ‘Noi crediamo a questo’, egli scrisse, ‘perché abbiamo costantemente pregato a Dio che io potessi succedere in cosa Copernico ha detto essere vero’ (1). Più tardi, scrivendo al suo maestro Maestlin, disse, ‘ per un lungo tempo volevo diventare un teologo; per un lungo tempo rimasi irrequieto. Ora, comunque, scorgo come attraverso i miei sforzi, Dio sia celebrato nella Astronomia’ (2).

Per la sua preoccupazione con il sistema copernicano, Keplero iniziò a chiedere a se stesso una questione insolita: perché i pianeti sono posti in questo modo? Perché essi si muovono con queste regolarità? Perché ci sono proprio sei pianeti? [per le conoscenze dell’epoca] Tutte queste problematiche erano tipicamente copernicane, l’ultima in particolare poiché i geocentristi tradizionali tenevano conto sia del Sole sia della Luna, ma non della Terra, mettendo in lista perciò sette pianeti.


Fig. 1. Il modello delle congiunzioni successive di Giove e Saturno, da il ‘Mysterium Cosmographicum’

La Fig. 1 richiama le circostanze sotto le quali Keplero trovò la sua segreta chiave dell’Universo. In una lettura alla sua classe, egli ha disegnato delle ellissi ed ha illustrato come le grandi congiunzioni tra Giove e Saturno, che si hanno ogni 20 anni, cadano quasi ad un terzo del percorso nel cielo negli avvicinamenti successivi. La connessione delle congiunzioni successive con quasi triangoli, l’inviluppo delle linee crea un cerchio con un raggio della metà della larghezza del cerchio esterno della eclittica. La proporzione tra i cerchi colpì gli occhi di Keplero come quasi identica alla proporzione tra le orbite di Saturno e Giove. Immediatamente egli iniziò una ricerca di relazioni geometriche simili per descrivere la distanza di Marte e degli altri pianeti, ma inutilmente.

‘E questo ancora mi colpì’, scrisse. ‘Perché abbiamo figure piane tra orbite a tre dimensioni? Scorgi lettore, l’invenzione e l’intera sostanza di questo piccolo libro!’ (3). Egli seppe che esistevano cinque poliedri regolari, cioè, figure solide ciascuna con facce tutte dello stesso tipo di poligono regolare. Inscrivendo e circoscrivendo queste figure con sfere (tutte annidate nel corretto ordine), trovò che la posizione delle sfere si avvicinava approssimativamente alla distanza tra i pianeti (Fig. 2).

Fig. 2. L’annidamento di poliedri regolari e sfere planetarie
che descrive la distanza ed il numero dei pianeti in accordo a Keplero.
Adattamento da il ‘Mysterium Cosmographicum’

Dato che ci sono cinque e solo cinque di questi regolari o platonici poliedri, Keplero penso di aver spiegato la ragione per cui esattamente sei pianeti nel sistema solare.

Keplero pubblicò questo schema nel 1596 nel suo Mysterium Cosmographicum, il ‘segreto cosmografico’. Esso fu il primo nuovo ed entusiastico trattato copernicano in oltre 50 anni, dalla ‘De Revoluzionibus’ stessa. Senza un Universo centrato sul Sole, l’intero fondamento logico del libro sarebbe crollato.

Keplero capì anche che il centro del sistema copernicano era anche il centro dell’orbita terrestre, non il Sole. Sebbene il Sole vicino, esso giocava un ruolo non fisico. Ma Keplero sostenne che la centralità del Sole era essenziale e che il Sole stesso doveva fornire la forza per tenere i pianeti in movimento. Non solo propose questa significativa idea fisica, ma tentò di descrivere matematicamente come la forza del Sole diminuiva con la distanza. Ancora, i suoi risultati furono solo approssimativi, ma almeno un importante passo fisico-matematico era stato intrapreso. Questa idea fu in seguito sviluppata nella ‘Astronomia Nova’ pose Keplero come il primo scienziato a chiedersi una dimostrazione fisica dei fenomeni celesti. Sebbene l’idea principale del Mysterium Cosmographicum sia errata, mai nella storia un libro sbagliato divenne così disseminativo in direzione del futuro corso della scienza.

Keplero spedì una copia del suo notevole libro al più famoso astronomo di quel periodo, Tycho Brahe. Sconosciuto a Keplero, il rinomato astronomo danese era in procinto di lasciare la sua patria. Egli si era vantato che il suo magnifico osservatorio Uraniborg era costato al re più di una tonnellata d’oro. Ora, comunque, per timore di perdere la perdita del supporto reale, Tycho aveva deciso di unirsi alla corte di Rodolfo II a Praga. L’imperatore Rodolfo era un capriccioso, eccentrico uomo che amava l’occulto più che essere disposto ad aiutare un brillante astronomo-astrologo.

Keplero descrisse questa sequenza di eventi nella Astronomia Nova stessa. L’astronomo danese era stato impressionato dal Mysterium Cosmographicum, benché fosse non volle accettare i suoi strani argomenti: quindi Keplero scrisse ‘Tycho Brahe, una parte importante nel mio destino, mi stimola continuamente a visitarlo. Ma visto che la distanza tra i due luoghi è stato per me un deterrente, ho attribuito alla Divina Provvidenza che egli viene in Boemia. Arrivai in quel luogo proprio prima dell’inizio dell’anno 1600 con la speranza di ottenere le corrette eccentricità delle orbite planetarie. Ora che a quel tempo Longomontanus ha accettato la teoria di Marte, che ha preso nella sua terra così che potrebbe studiare l’opposizione marziana con il Sole nel 9° del Leone (che è vicino al perielio di Marte). Era occupato con un altro pianeta, Io volevo partire con lo stesso. Cioè è perché considero ancora esso come un effetto della Divina Provvidenza che arrivai a Praga mentre egli stava studiando Marte; poiché per noi arrivare alla segreta conoscenza della Astronomia, è assolutamente necessario utilizzare il movimento di Marte; altrimenti questa conoscenza sarebbe rimasta eternamente nascosta’. (4)

Astronomia Nova non fu pubblicata prima di nove anni più tardi. Non c’era mai stato un libro come questo. Sia Tolomeo nell’Almagesto sia Copernico nella De Revoluzionibus erano stati smontati con cura nella impalcatura per la quale erano stati eretti a modello matematico. Anche se il libro di Keplero era ben organizzato, esso è un ordine di grandezza più completo e complesso di qualsiasi cosa venuta prima; i nostri astronomi stessi ammettono che poteva essere stato troppo prolisso.

Fig. 3. L’orbita di Marte con un equante, la sede del movimento angolare uniforme. Nell’ipotesi vicaria (a), longitudini accurate si ottengono ponendo g/f = 5/3. Lo schema quasi-tolemaico (b) con equanti uguali ed opposti soddisfa la distanza Sole-Marte ma l’errore in latitudine di 8’ nell’ottante.

Nella sua prima battaglia della sua guerra su Marte, Keplero descrisse la sua cosiddetta ipotesi vicaria. Questo fu un tentativo di rappresentare il movimento di Marte con un cerchio eccentrico pilotato da un movimento angolare uniforme intorno ad un punto chiamato equante – essenzialmente un modello tradizionale formato nel nuovo modello eliocentrico. Keplero raggiunse la grande accuratezza in longitudine permettendo all’equante di cadere in una posizione arbitraria, come mostrato in Fig. 3 (a). In questo schema, che egli chiamò ‘ipotesi vicaria’ l’anomalia vera è (trascurando il termine e3):

dove g è l’eccentricità dal Sole al centro del cerchio, ed f è la eccentricità dall’equante al centro. Per confronto il moto in una ellisse con la legge dell’area è:

Dunque, se g = 5/4 e f = 3/4e , l’ipotesi vicaria soddisfa l’equazione di secondo ordine e possiamo dimostrare che l’errore rimanente è approssimativamente ¼ e3, che nel caso di Marte con la sua eccentricità vicina a 0 I, quantità di circa 1’. Quindi nel prevedere la longitudine Keplero, ebbe un brillante successo, con una accuratezza di almeno due ordini grandezza meglio sia di Tolomeo sia di Copernico.

Ci sono, tra le pagine ancora conservate nel museo di Leningrado del manoscritto di Keplero, un notevole scritto che mostra uno schema dell’orbita vicaria (Tavola V) (5). Esso è stato messo con molta cura in forma pubblicabile come una delle prime pagine su Marte ed esso include le linee poetiche di apertura per tributo a Tycho, che appare in Astronomia Nova. Lo schema, con il suo distanziato in modo ineguale equante nel rapporto 5:3, può essere visto in fondo alla pagina. Keplero fu sempre molto impaziente di pubblicare, ed altrove nel materiale del manoscritto vediamo i titoli per capitoli in un libro che aveva organizzato anche prima che sapesse che Marte aveva un’orbita non circolare. Apparentemente questa pagina proviene all’incirca dallo stesso periodo – evidentemente al punto che era preparato per la pubblicazione la sua orbita vicaria come soluzione per l’indovinello di Marte. Fortunatamente il fato Divino lo prevenne dal pubblicare il suo commentario su Marte finché fu veramente la Nuova Astronomia.

Anche se lo schema di Keplero ha ottenuto un grande trionfo rispetto alle longitudini, esso fallì rispetto alle distanze. Nella Astronomia osservativa, le longitudini possono essere determinate direttamente con grande precisione, ma in generale le distanze devono essere dedotte con altri metodi. Qui Keplero molto abilmente usò le latitudini di Marte per dedurne le distanze – ma purtroppo questo portò ad una assurdità e mostrò che la sua orbita non poteva infatti essere quella reale. Dunque egli la nominò orbita vicaria contraddistinta dall’ipotesi reale o ‘fisica’ che stava cercando.

Tolomeo, nella sua orbita di Marte ha costretto l’equante a cadere direttamente all’opposto del centro dell’orbita terrestre ed egualmente distante da essa. Keplero ora si rese conto che tale un ugale-ed-opposto equante, meglio approssimata all’orbita reale di quanto fatto con la sua orbita vicaria, che soddisfaceva la latitudine così bene. Questo caso è rappresentato dall’equazione (I) quando e = f = g oppure

v = T –2e sin T + e2 sin 2T + … ,

così che l’errore nella longitudine eliocentrica è ¼ e2 sin 2T; nel caso di Marte, questa dà 8’ nell’ottante, un errore facilmente individuabile con i dati di Tycho, che Keplero credeva essere generalmente accurati a circa 2’. In un celebre passaggio, Keplero scrisse: ‘La bontà di Dio ha concesso che noi fossimo dei diligenti osservatori di Tycho Brahe che le sue osservazioni hanno convinto che i calcoli di Tolomeo erano errati di 8’ d’arco. E’ perciò corretto che noi con mente riconoscente usiamo questo regalo per trovare il vero movimento celeste’ (6).

La Fig. 3 (b) illustra l’orbita eccentrica con il suo uguale ed opposto equante. Dato che il movimento angolare è uniforme sull'equante, gli angoli opposti sono uguali, ed il movimento orbitale all’afelio è molto inferiore a quello al perielio. Questo fu precisamente il tipo di movimento che l’astrofisico Keplero desiderava: la velocità dei pianeti è inversamente proporzionale alla distanza dal Sole, una ipotesi abbastanza razionale se noi assumiamo che qualche emanazione fisica del Sole è responsabile per spingere il pianeta nella sua orbita. Per Keplero questa era un’idea veramente fondamentale; possiamo chiamare essa la sua legge della distanza.

Sebbene i pianeti esterni ebbero un equante uguale ed opposto nel sistema tolemaico, Keplero sapeva che l’orbita Sole-Terra non lo erano. Per definire il sistema copernicano come fisico, Keplero riconobbe che lo stesso meccanismo doveva essere applicato per l’orbita della Terra come per Marte. La velocità variabile in longitudine del Sole apparente nel corso dell’anno richiedeva un certo spazio definitivo tra il Sole ed il punto di movimento angolare uniforme (tradizionalmente preso come centro del cerchio orbitale). Lo stesso spazio deve essere preservato, comunque, se noi conserviamo l’equante, ma ricentriamo il cerchio a metà strada tra il centro precedente e la posizione del Sole. Tale modello avrebbe predetto virtualmente lo stesso movimento longitudinale, ma con differenti distanze Terra-Sole e dovrebbe ovviamente fornire un meccanismo fisico simile a quello di Marte.

Ma come trovare le varie distanze dal Sole? Una strada dovrebbe essere quella di misurare il diametro apparente del Sole in tempi diversi nel corso dell’anno. E lasciatemi dire fu proprio quello che Keplero fece.

Quando Keplero arrivò a Praga, scommise con Longomontanus che egli avrebbe risolto la teoria di Marte in una settimana. Perse ovviamente la scommessa – ci vollero cinque anni, ma egli si scusò nell’Astronomia Nova, ci vollero cinque anni per l’ottica. Nel suo lavoro risultante, Astronomiae pars Optica, mise le fondamenta per la moderna geometria ottica. In esso egli spiega, per la prima volta, come un’immagine invertita è formata sulla retina dell’occhio, e definì chiaramente i raggi luminosi. Inoltre investigò sugli effetti di apertura di varie forme e dimensioni sulla formazione di una immagine (7). Tali considerazioni furono di fondamentale importanza nella osservazione del diametro solare, poiché le variazioni erano ancora piccole, ma sfortunatamente i risultati non erano conclusivi.

Allora Keplero rivolse la sua attenzione ad un’altra insuperabile ingegnosa strada per localizzare la posizione dell’orbita terrestre, Egli sapeva che Marte ritornava nello stesso punto nello spazio ogni 687 giorni, ma che la Terra dovrebbe essere in due punti diversi della sua orbita, dato che in quel momento non aveva ancora completato la sua seconda rivoluzione completa. I manoscritti di Keplero, per i primi due anni del suo lavoro su Marte, sono abbastanza completamente intatti, e nella Tabella VI vediamo per la prima volta quando Keplero provò questa triangolazione. Questi risultati furono davvero importantissimi, per essi, mostrarono che la sua intuizione fisica era corretta, e che l’orbita della Terra doveva essere spostata verso un nuovo centro. Dunque doveva avere un meccanismo fisico ed una legge della distanza , proprio come fece l’altro pianeta.

Keplero infatti già aveva abbastanza definite idee sul meccanismo fisico coinvolto. Per mezzo del libro di Johannes Tasner sui magneti (1562) e dopo quello di William Gilbert, si convinse che la forza di spinta planetaria emanata dal Sole doveva essere di tipo magnetico. Egli credeva che sia il Sole sia l’emanazione magnetica dovevano essere necessariamente rotanti per poter impartire un moto continuo ai pianeti. Dalla legge della distanza egli dedusse che la forza dell’emanazione decresceva in proporzione inversa con la distanza, e perciò concluse che l’emanazione è distribuita su un piano sottile – differentemente dalla luce, che riempie spazi e decresce come I/r3.

Quando applichiamo la legge della distanza all’orbita terrestre, una difficile quadratura risultante che poteva gestire solo con complessi calcoli matematici. Allora Keplero ebbe la fortunata ispirazione di sostituire la somma dei vettori radiali necessari per la legge della distanza con le aree comprese dall’orbita. Quindi il vettore raggio copre aree uguali aree uguali in tempi uguali. Keplero riconobbe che questo era matematicamente opinabile, ma come per miracolo, fornì una approssimazione accurata del moto orbitale predetto dalla legge della distanza. Nella figura 3 (b) si vede facilmente che la teoria degli equanti rappresenta la legge delle aree solo se l’equante è posto esattamente all’opposto del Sole ed una distanza uguale dal centro; la legge della distanza e la legge delle aree erano quindi rigorosamente equivalenti all’afelio ed al perielio.

A questo punto Keplero ebbe (I) un accurata, ma inammissibile schema per calcolare le longitudini (l’ipotesi vicaria), e (2) un principio fisico intuitivo soddisfacente (la legge della distanza) che era applicabile alla Terra come agli altri pianeti, ma che lasciava un errore inaccettabile di 8’ nel predire la longitudine eliocentrica di Marte. Per preservare simultaneamente sia le predizioni di longitudine e le orbite correttamente centrate, Keplero aggiunse ulteriormente un piccolo epiciclo al suo cerchio. Questo era un mezzo onorato dal tempo, usato non solo da Tolomeo, ma anche da Copernico e Brahe. Le prime pagine del taccuino di Marte di Keplero dalle prime poche settimane con Tycho Brahe a Praga, mostrano numerosi esperimenti con gli epicicli. E’ affascinante vedere che anche se Keplero stava esplorando un nuovissimi suoli, poteva ancora prendere i suoi strumenti dalla Astronomia tradizionale. Tuttavia, era angosciato per dover introdurre uno strumento così assurdo. Egli sostenne che proprio come i marinai non possono sapere dal solo mare quanta acqua avevano attraversato, poiché la loro rotta non era distinta da alcun marcatore, così il pensiero che il pianeta non avrà controllo sul suo moto in un epiciclo immaginario, eccetto la possibilità di osservare il diametro apparente del Sole.

Fig. 4. La triangolazione che rivelò l’orbita non circolare di Marte, dalla ‘Astronomia Nova’ (1609), capitolo 27.

Keplero ebbe delle difficoltà nel preservare il moto circolare quando adottò un epiciclo; è perciò non sorprendente trovare che i nostri astronomi si dedicarono ad un esame più dettagliato della forma del percorso di Marte. Avendo stabilito la corretta posizione dell’orbita della Terra con la triangolazione di Marte, egli fu in grado di variare la procedura e esaminare i pochi punti nell’orbita stessa di Marte. I risultati sono mostrati schematicamente nella figura 4, presa dalla Astronomia Nova. Dico schematicamente perché questo metodo non fornisce una posizione quantitativamente esatta- Invece mostra solo qualitativamente che l’orbita non è circolare. Keplero riconobbe che l’errore osservativo lo prevenne dall’ottenere una precisa distanza dell’orbita. Per via di questa dispersione che egli aveva dovuto usare, come pittorescamente descritto, un metodo del ‘voto e scrutinio’.

 


Figura 5. L’orbita ovoidale di Keplero, comparata con l’ellisse finale: l’eccentricità è fortemente esagerata

Armato di questi risultati, Keplero trovò nell’epiciclo il mezzo conveniente per generare un semplice percorso non circolare. La curva risultante è mostrata nella figura 5. Su questa scala differisce impercettibilmente da una ellisse, anche se ora la curva è leggermente ovoidale con la zona larga verso il Sole.

Fig. 6. La costruzione degli epicicli dell’ovoide di Keplero (curva scura). L’epiciclo ha raggio e. L’angolo a si muove uniformemente con il tempo, mentre f si muove in modo non uniforme per soddisfare la legge dell’area, così che l’integrale da 0 a y di r2 df = ca . Se questa costruzione ha un equante, esso dovrebbe cadere a 2e da Sole a E, e Marte dovrebbe raggiungere Q nel quarto periodo; quindi a1 nell’epiciclo deve essere molto prossimo a 90°. Allo stesso modo per cui il centro dell’epiciclo si muove lungo l’angolo d , anche l’epiciclo vettore avanzerà di d dato che df è molto vicino al suo rapporto medio in questa zona dell’orbita (quindi da » df ). Così, a2 = a1 + d , e l’angolo a T è un angolo retto. Allora la linea Sole-T = RADQ(1-e2) e TC = RADQ(1-2e2). Dato che il semiasse minore di una ellisse è aRADQ(1-e2), l’ellisse approssimata dell’ovoide di Keplero ha una eccentricità RADQ(2e). Keplero chiamo angolo d ‘equazione ottica’. Finalmente capì che una ellisse di eccentricità uguale ad e fornisce il percorso richiesto quando egli notò che il secante d (=1/RADQ(1-e2) = 1+(1/2 e2) supera la unità precisamente della larghezza tra il cerchio e l’orbita non circolare. ‘Era come se fossi svegliato da un sonno’, scrisse Keplero

Keplero impose che il moto con l’epiciclo generato dovesse soddisfare la sua legge della distanza, che poteva essere approssimata alla legge delle aree; alcuni dettagli della costruzione si trovano nella legenda ampliata della figura 6. Se Keplero avesse avuto accesso al calcolo integrale, avrebbe trovato che la forma ad uovo o curva ovoide ha una formula molto elementare, ma egli non la conosceva. Dobbiamo ricordare che anche il segno di uguale era stato inventato solo nelle generazioni precedenti, e la geometria analitica di Decartes era ancora nelle generazioni successive.

Lavorando con l’ovoide si pose in un problema di quadratura molto intricato che poteva essere affrontato con l’aiuto di una ellisse approssimata. Le descrizioni più popolari di questa battaglia su Marte lasciano il lettore in un rompicapo su perché Keplero non abbandonò immediatamente l’ovoide per adottare l’ellisse. Come dimostra la figura 6, l’ellisse approssimata ha una eccentricità effettiva di RADQ(2e ), dove e è la distanza del Sole dal centro del cerchio. Lo schema come imprecisamente il metodo della triangolazione i punti dell’orbita di Marte. Se questi punti fossero stati ben determinati, Keplero avrebbe visto immediatamente che l’ovoide deviava dall’orbita circolare del doppio rispetto a quanto doveva essere. Ciò in realtà contiene il problema derivante dalla longitudine predetta, non la distanza, e qui di nuovo traviamo la discrepanza di 8’ nella longitudine all’ottante. Keplero scrisse il precedente celebre citato passaggio sugli 8’ nella connessione tra l’errore di un cerchio, ma è abbastanza probabile che egli lo scoprì prima esaminando l’ovoide. La simmetria della situazione mostra che se c’è un errore di 8’ nella orbita circolare Tolemaica, ci dovrebbe essere anche un errore di circa 8’ nell’ovoide, che devia ugualmente sull’altro lato della corretta ellisse.

Fortunatamente, alla fine Keplero abbandonò l’epiciclo ed adottò l’ellisse che si mette a metà strada tra un ovoide ed un cerchio Ma il processo non semplificava il metodo del ‘taglia e prova’, così spesso imputato a Keplero dai racconti popolari. Egli stava ancora cercando un singolo meccanismo fisico, per spiegare non semplicemente solo la velocità variabile di Marte nella sua orbita, ma anche la variazione della distanza. La sua risposta porta ad una estensione degli effetti magnetici che mettono in movimento i pianeti nelle loro orbite. Keplero disegnò una analogia molto affascinante con un battelliere in un parco di divertimenti. Apparentemente un cavo fu steso su un ruscello ed una piccola barca fissata al cavo. Il rematore dirigendo il timone, poteva usare il flusso del ruscello per spingere il battello indietro ed in avanti da un lato all’altro.

Dal libro di Gilbert, Keplero sapeva dell’asse magnetico della Terra. Allo stesso modo di un asse magnetico, egli propose, può agire come un timone nella emanazione magnetica del Sole, guidando il pianeta prima vicina e poi lontano dal Sole. Se l’asse magnetico è fisso nello spazio, allora la sua proiezione, vista dal Sole, sarà cos q . Questa, come termine coseno appare nella equazione polare per l’ellisse:

r = a(1-e2)/(1+e cos q )

Al primo ordine della eccentricità, l’ellisse soddisfa questa figura fisica che governa nell’avanzamento e nell’allontanamento dei pianeti. Per Keplero che non lavorò con l’equazione polare, l’ostacolo reale era di trovare l’equivalente geometrico tra la librazione dell’asse magnetico e l’ellisse. ‘Ero quasi portato alla pazzia nel considerare e calcolare questa sostanza’, scrisse. ‘Non potevo trovare il motivo per il quale i pianeti si muovessero su un’orbita ellittica Oh me ridicolo!. Come la librazione sul diametro non poteva essere la via all’ellisse Così questo moto mi portò in breve (a capire), che l’ellisse esiste per via della librazione. Con il ragionamento derivato dai principi fisici in accordo con le esperienze, non ci sono figure descritte dall’orbita di un pianeta, esclusa una perfetta ellisse’.

Certamente Keplero fu più fortunato di quanto sapeva. Proprio come c’è una ellisse approssimata all’ovale provato originariamente, esiste un ovale indistinguibile (dai dati di Tycho) dall’ellisse finale, la cosiddetta via buccosa. Ma quando Keplero trovò che l’ellisse soddisfaceva le osservazioni, dobbiamo subito assumere che altre curve non possono farlo; perciò pilotati dalla sua persistente intuizione fisica, egli continuò finché quasi accidentalmente incontrò la curva giusta.

Con un orgoglio giustificabile, egli poté chiamare il suo libro ‘La Nuova Astronomia’; il sottotitolo enfatizza il tema ripetuto: ‘Sulla base delle Cause, o Fisica Celestiale, portato da un commentario sul moto del pianeta Marte’. Oggi Keplero è ricordato soprattutto per le sue leggi sul moto dei pianeti. Anche se le sue forze magnetiche sono state relegate al margine, i suoi requisiti per la fisica celestiale basate sulle cause hanno profondamente modellato la scienza così come la conosciamo oggi. Fu in effetto il meccanismo e la pulizia del sistema copernicano, lo predispone in moto come un meccanismo ad orologeria e spazzando via le vestigia della astronomia Tolemaica. I risultati possono essere chiamati appropriatamente sistema kepleriano. Nella prefazione delle aspettate a lungo Tavole Rudolfine, finalmente pubblicate finalmente pubblicate nel 1627, egli si sentì costretto a scusarsi per il lungo ritardo. Egli affermò che ‘la novità delle mie ricerche e dell’inaspettato trasferimento dell’intera astronomia dai cerchi fittizi alle cause naturali dove più profondo da investigare, difficile da spiegare e difficile da calcolare poiché il mio fu il primo tentativo’ (9). LA Astronomia Nova di Keplero poteva essere dimenticata se non fosse stato per il brillante successo delle Tavole Rudolfine, le cui previsioni furono vicine a due ordini di grandezza più accurate dei precedenti metodi. Oggi, con il chiarimento del senno di poi, non solo vediamo la Astronomia Nova fu veramente ‘la nuova astronomia’ ma Johannes Keplero stesso merita di essere ricordato come il primo astrofisico.

 

JOHANNES KEPLER

PREFAZIONE ALLE TAVOLE RUDOLFINE

Tradotta da Owen Gingerich e William Walderman

 

Nota dei Traduttori: Le Tavole Rudolfine, pubblicate nel 1627, costituirono il maggior contributo di Keplero alla Astronomia. L’alto e sottile volume è per metà riempito con tavole numeriche e per metà con note in Latino. Queste tavole consentono all’utente di calcola e con una accuratezza notevole, posizione del Sole, della Luna e dei pianeti per un qualsiasi momento nel passato o nel futuro. Per Keplero esisteva la prova del dolce, la dimostrazione della sua legge del moto planetario. Egli la chiamò ‘Il mio principale lavoro astronomico’.

Come la maggior parte della sua prefazione, l’introduzione alle Tavole Rudolfine è una notevole mistura di discussioni e autobiografia. Abbastanza stranamente, questa dichiarazione affascinante della più matura visione di Keplero sulla Astronomia e Astrologia, non è stata mai tradotto dal latino originale. Ma questo descrive le parole per se stesso e non c’è ulteriore necessità di inserire una prefazione.

La scienza delle stelle include due parti: la prima tratta il moto delle stelle, la seconda ha effetto nel dominio sublunare- L’antico studio utilizzato per designare entrambe con le stesse parole, Astrologia. Ma dato che c’era una enorme differenza tra queste due parti, rispetto alle loro certezze, l’uso successivo le distingue anche con il nome. Quindi la dottrina del moto era invece chiamata Astronomia, perché le leggi del moto erano immutabili ed sono stabilite dai più alti principi; l’altra parte, riempita di congetture, ha il nome comune di Astrologia. Sicuramente prima si presentò alla mente degli uomini, che, volendo prevedere il futuro, intrapresero la contemplazione delle relazioni celestiali. Sebbene l’uomo è il più rilevante lavoro dell’intero universo, infatti, il Signore di tutte le nature e l’immagine di Dio il Creatore, tuttavia la sua origine è debole, ridicola e quasi vergognosa, mescolando assieme poco liquido e sangue mestruale. Questo prende posto nel luogo più vile del corpo della madre; il cibo del bambino neonato è latte; il suo lavoro è sia piangere o dormire; la sua vita è squallida; i suoi costumi sono sciocchi. E ancora, da questo lavoro come ci furono uomini che ci hanno portato a disegnare città, che scavarono porti, che distrussero montagne, che unirono stretti con ponti; principesse, re, monarchi. Allo stesso modo questa disciplina celestiale, ben disposta alle invenzioni, hanno origine nella immagine mentale delle orribili eclissi solari e lunari, e dalle comete, la cui apparizione era seguita dalle più terribili catastrofi per la razza umana. Quindi, partendo da questi molto esigui ed oscuri inizi della formazione delle credenze sulle stelle e sulle varie figure delle costellazioni e di un desiderio di conoscere il futuro, essa acquisì prima una sicura forza vitale. Usando questa, essa ruppe dal nascondiglio ed il pensiero della professione aperta, ed iniziò ad essere discussa apertamente fra gli uomini. Quindi essa fu educata per mezzo di sogni e insignificanti materie delle previsioni natali, gradualmente crebbe verso l’adolescenza e finalmente abbandonando i suoi giocattoli con la sua audacia matura, essa passò attraverso esercizi tradizionali di meditazione celestiale su molte utili applicazioni nella vita, meravigliosi strumenti, ed all’approvvigionamento delle necessità. Passo per passo in essa divenne sempre più importante la conoscenza del Creatore stesso.

Comunque come gli anni che possono essere visti negli anelli degli alberi, allo stesso modo delle caratteristiche della sua origine appaiono nella intera composizione della arte divina, così che l’Astronomia, figlia e bambina, non può negare la sua madre e nutrice Astrologia. Le divisioni della Astronomia sono: osservazioni, ipotesi, meccanica e calcoli o tabelle. Ognuna di esse è utilizzata separatamente per le predizioni. Quanto si riferisce alle previsioni per il futuro insegno all’uomo ad osservare le stelle; il timore di inondazioni del Nilo fece osservare all’uomo il sorgere di Sirio. Inventori stabilirono ipotesi per mostrare apertamente la cause delle varie osservazioni. Non solo possono essere predetti dalle stelle i raccolti annuali, ma anche la posizione delle stelle stesse possono essere previste dalle ipotesi. E così il segno del futuro può essere conosciuto in anticipo nella mente che nell’Universo. Per questo impiego la matematica fornisce i calcoli e le tabelle che esprimono la forza delle ipotesi; e meccanismi forniscono i cerchi teorie e quadranti; così che ogni volta che la mente potrebbe soccombere alla fatica, la mano può assorbirla, elaborando e spianando la strada che porta diritta alla presente, passata e futura posizione delle stelle. Da queste conoscenze, per esempio, può essere determinato il destino dei bambini appena nati.

Comunque una età di pratica più matura, con un obiettivo più sublime e senza difetti, non solo ha stabilito, ma rinforzato e consolidato tutto, soppiantando quelle parti dell’arte che provenivano da una infanzia eccessivamente oscura e sciocca. Oggi la filosofia siderale non può più essere fatta senza tavole siderali; noi vorremmo bandirle dalla filosofia e dal podio dei professori, vorremmo anche abolire il Sole dall’Universo.

Anche se non diciamo nulla sulle necessità della vita ordinaria e sui principi dell’arte che le serve, sono tutte ricercate e quindi acquisite e perfezionate per l’Astronomia, non per parole di cronologia, per il calcolo dei giorni di festa, per l’agricoltura, per la medicina, per la geografia, per la navigazione, ci permette di considerare la metafisica e la teologia stesse. Se come tutti i settori dei filosofi, dei teologi di tutte le età, proclamano, tutti i santi divinamente ispirati affermano, ‘i cieli dichiarano la gloria di Dio, ed il firmamento mostra la sua mano’ (Pslm 19). Come possiamo percepire questo più chiaramente, con i nostri occhi nudi, o con l’elevazione delle nostre menti? Noi uomini di lettere abbiamo occhi in comune con quelli senza educazione; infatti come uomini abbiamo essi in comune con le bestie. Sebbene tutti noi, educati e non, scorgiamo assieme la magnifica varietà e bellezza delle stelle, non ci accorgiamo con i soli occhi l’elaborato interno del lavoro, l’ordine, la costanza e l’eternità delle rivoluzioni celestiali. Noi abbiamo bisogno delle nostre menti, della memoria delle precedenti osservazioni ed il confronto con quelle attuali e finalmente la predizione delle posizioni future, così che se rappresentiamo tutto quello che abbiamo visto in ogni momento con una procedura stabilita, e se vediamo accadere proprio quello che avevamo predetto, allora confermeremo con la più piena fede l’immutabile natura del Supremo Architetto e del governo dell’Universo, materia che, dico, non è immediatamente ovvia agli occhi e che ripetitivamente messa in dubbio. Chi vorrebbe tirare fuori da dalle apprese tabelle astronomiche, un aiuto alla memoria, potrebbero ciechi occhi umani ottusi alla osservazione delle stelle e mostrare l’umana conoscenza di nessun valore. Egli vorrebbe inviare la razza umana, che attraverso la lunga successione dei secoli è stata istruita ed educata dai più grandi sforzi degli inventori sulle più alte materie, indietro fino alla culla della più primitiva ignoranza.

Ma la stessa unione degli obiettivi separati che hanno dato alla Astronomia le sue origini ancora persistono; infatti esse continuano anche quando l’arte era perfetta, ed anche ora che la disciplina ha passato attraverso stati sublimi, essa trattiene un gradevole ricordo della sua infanzia, così lo studio della divinazione, per la quale furono prima scritte le tavole, portano anche al loro correzione attraverso i secoli che passavano. Si dovrebbe vedere ad una certa quantità dell’immagine della sua infanzia nella parapegmata (tabelle di calcolo astronomico) dei Greci, o nell’anno celestiale fisso di Dioniso, non menzionato ai sui inizi dai Caldei, ora così obsoleta per la sua antichità che la loro tenue fama scarsamente arrivata fino ai tempi nostri. Quando Dioniso capì che le stagioni dell’anno non ritornavano invariabilmente negli stessi giorni, sia i meandri dell’incostante periodo del periodo del diciannovesimo anno o anche quando il sorgere ed il tramontare delle stelle fisse, egli iniziò ad osservare i cinque vagabondi e prestò un orecchio ai Caldei, i quali Astronomi greci iniziarono a conoscere sotto i re Seleucidi. Egli iniziò a correlare la prima ed ultima visibilità dei vagabondi come la non cronologica alba e tramonto, alla apparizione delle stelle fisse e della Luna, e registrare queste osservazioni nella parapegmata degli anni precedenti per ricordarle e compararle con i conseguenti cambi del tempo meteorologico. Non esistono tradizioni sui Greci di registrazioni più antiche, e sembra che non sia mai accaduto ai Caldei stessi prima che essi fossero conquistati dai Macedoni che una previsione esatta dei cinque pianeti potesse essere inclusa nella Astronomia, sebbene essi dovrebbero avere avuto un’idea su quale ingegnosa registrazione delle osservazioni fatta con l’aiuto della configurazione delle stelle fisse. Tuttavia essi dicevano che i singoli pianeti osservati avevano orbite annuali definite, nonostante queste leggi che governano la rivoluzione furono collegate assieme con una libertà come quella delle sessioni delle posizioni dei magistrati in alcune repubbliche ed il consolato durante i Romani, dove dopo una decade erano usato per essere di nuovo rinnovati. Da questo sembra sia derivata la parola, adottata da Cleomedes ‘movimento arbitrario’, che chiamiamo ‘proprio’. Da ciò proviene l’idea della divinità dei pianeti, e della loro influenza sulle cose umane, e da questo proviene la distribuzione delle magistrature, come essi erano nei Caldei Astrologi; quale pianeta poteva essere signore della nascita, signore dell’anno, signore dell’ascendente? Quali presidi per ciascun giorno e ciascuna ora? Con quanti voti si poteva vincere? Tutte queste cose implicano la libertà nella teoria dei moti, e sono quindi responsabili per il fallimento della esatta determinazione degli avvicinamenti a certe stelle fisse.

Più tardi Ipparco accettò queste osservazioni dei Greci, sia sistemandoli e comparandoli con le esperienze del suo tempo, e egli editò una rudimentale sorta di tabella dalla quale i pianeti ed i loro periodi stagionali potevano essere visti, e dalla quale i tempi dei loro punti stazionari ed i loro moti retrogradi poteva essere determinati con un abbastanza semplice calcolo. E così questa può essere considerata come l’adolescenza delle tabelle.

Tolomeo fu la prima persona che, dopo aver raccolto assieme gli aiuti degli antichi, specialmente Ipparco, ed anche il moto del suo tempo, curò l’intero lavoro delle tavole e con ciò, confermate dalla loro lunghezza una sorta di giovane maturità. Anche se nel suo Almagesto egli ripetutamente portò avanti idee pertinenti la suprema filosofia, ed espressamente portò l’arte della Astronomia alla perfezione come doveva essere, ciò nonostante, accanto al grande lavoro dei moti, egli produsse anche uno degli effetti, il Tetrabiblios. Egli indirizzò entrambe i lavori a Sirio, anche se non aveva assegnato alcun posto nell’Almagesto alla predizione delle natività, egli tratto ciò nel Tetrabiblios, un lavoro nel quale si vedono molte sciocchezze dei Caldei, ridotti in certe forme artistiche; allora, dopo una infanzia inutile di astrologia congetturale, prima inizia sotto questo maestro ad apprendere l’ABC, cosi detto.

Tuttavia, dopo l’epoca di Tolomeo e dei suoi successori, la filosofia cadde in tempi duri, quando i Greci vennero resi schiavi dai Romani, e quando non solo la loro libertà, ma anche il loro passato vigore intellettuale fu perso. Non solo la corretta ragione era pubblicamente contaminata da superstizioni, ma anche la libertà da servile sofferenza. MA certamente quei popoli che credevano in Cristo, dispersi in tutto il mondo poiché erano disprezzati dai filosofi di quel tempo, considerati a turno astrologi di essere arte pagana poiché era inquinata dalla superstizione, e di essere ingiuriosi verso Dio; alcune volte sfidati a dannare se stessi a fondo che essi erano cialtroni, quelli che sceglievano di disertare la Cristianità stessa più che la loro professione. Da altre regioni crebbero nuove nazioni ed imperi, prima gli Unni ed i Goti, quindi gli Arabi, dei quali i primi due erano stupidi e barbari, mentre gli altri erano intelligenti, ma superstiziosi. Lo studio delle stelle, portato fuori dall’Europa dai precedenti e tornata indietro alla tarda Africa, messa in una disgraziatissima schiavitù, sotto astrologhi, ciarloni, maghi ed indovini che diedero risposte a tutti quelli che chiedevano come se dal treppiede al posto dell’oracolo. Questi uomini impegolati da empietà cercavano solo guadagni; perciò le osservazione delle stelle, l’accuratezza delle tavole ed i loro confronto con il cielo non furono trattati per vari secoli.

Quindi finalmente nel nono e decimo secolo dopo Cristo, i Goti ed i Franchi iniziarono gradualmente a perdere il loro stato barbaro quando stabilirono imperi ed i Saraceni iniziarono a perdere la loro superstizione quando si espansero per grandi territori. Quindi gli Europei gradualmente iniziarono a cercare la piena dottrina della divinazione; gli Arabi ed allo stesso modo gli Ebrei, presero coscienza delle loro imperfezioni ed intrapresero l’attività di correzione. Così, con i secoli successivi, quando il commercio di Federico II di Svevia, Alfonso di Spagna e gli imperatori Romani, aumentò con i Saraceni in Palestina, Sicilia, Italia e Spagna, finalmente arrivò la pratica e la cura di questa arte passata sui Cristiani dell’Ovest. Non solo c’erano molti libri astrologici tradotti dall’arabo in latino, ma anche la ‘magnum opus’ di Tolomeo, che gli Arabi abitualmente chiamavano, dal Greco, Almagesto. Benché le attività reali di Alfonso brillarono presto, lo rese noto a tutte le posterità la sua commissione delle tavole che chiamiamo Alfonsine; tuttavia questo stesso Re nella prefazione all’inizio di varie copie inizio il suo discorso con la connessione della materia sublunare con il moto delle stelle, e mostra molte presunzioni sull’arte di calcolare le natività. E così l’Astronomia anche se adulta, non ha dimenticato il proprio latte e non può funzionare senza di esso.

Una età propizia per gli scolari ricevette le tabelle realizzate sotto Alfonso, un epoca nella quale molte nuove accademie furono fondate nell’Europa dallo scarso numero delle più vecchie. Questa epoca ora costituita da un tipo di virilità della Astronomia; le superstizioni furono ripulite sempre più dalla conoscenza delle cose più importanti e la disciplina fu di nuovo posta come obiettivo principale ed alla sua utilità nella vita quotidiana per la Geografia e la Navigazione, arti aperte ad un nuovo mondo, congiungendo i luoghi più lontani ad Est ed Ovest e portando quasi tutto questo sotto un impero. Sommando a questo la materia interna della religione per la correzione della festa di Pasqua, i cui errori erano più evidenti con la propagazione di questi studi. Quindi i Germani, si applicarono assiduamente allo sviluppo di questo studio, specialmente nelle scuole di Vienna e Praga. Schindel, Peurbach e Regiomontanus scoprirono rapidamente quanto di buono c’era nelle Tavole Alfonsine ed anche che l’affidabilità di queste tavole era inferiore alla loro reputazione. E perciò questi uomini stessi ed i loro discepoli attraverso la Germania e l’Italia, come Walter di Nuremberg e Domenico Maria di Bologna, lavorarono duro ed osservarono le stelle più diligentemente, le registrarono, sia per utilizzarle che per la posterità. Essi portarono anche ad illuminare le antiche memorie di Tolomeo, Al-Battani, Jabir ibn Aflah ed Alfonso aggiunsero utili chiarimenti, correggendole e preparando tutte le parti della Astronomia sferica con le nuove tabelle sussidiarie per un facile accesso a questa conoscenza. E benché Regiomontano, chi vorrebbe essere uguale al suo genio, morì prematuramente, ebbe successo riguardo alle correzioni da Nicolas Copernicus, un canonico di Varmia in Prussia, un pupillo di Domenico Maria, un uomo del più alto genio e (di grande importanza in questa materia) uno spirito libero. Il suo lavoro sulla rivoluzione dei pianeti, inclusa la correzione delle tavole, fu preparata in una nuova forma con il più grande lavoro; sebbene tenne sulla sua scrivania per ventisette anni, ciò nonostante alla fine della sua vita lo porto a Norimberga per la pubblicazione.

Anche se questo lavoro contiene tavole in aggiunta alla spiegazione delle dimostrazioni, non c’è comunque nessuno, perlomeno che conosco, che lo ha usato per i calcoli. Egli fu succeduto in pochi anni, da Erasmo Reinhold, un uomo informatissimo su ogni sorta di disciplina e particolarmente e naturalmente adatto alle matematiche per la sua ammirevole acutezza e facilità nelle materie astruse. Reinhold intraprese l’attività di finire le tabelle di Copernico, che era già morto; egli le chiamò Tavole Pruteniche, sia da Copernico il Prussiano, o dal suo mecenate, il Duca di Prussia ed egli le disegnò sopra un meridiano voluto. Il Konisberg sul quale erano basate le Tavole Pruteniche non è quello nella Franconia dell’Est, che era la sede di Regiomontano, ma una diversa città nel Ducato di Prussia sulla riva del Mar Baltico.

Il motivo per cui Reinhold intraprese questo lavoro può essere trovato nel lavoro stesso; ma egli certamente sembra che ne nasconda due. Per le tabelle che dovrebbero essere fuori dai comodi canoni, facili da usare; l’autore delle Alfonsine e di altre tabelle, era stato aiutato dalla facilità ed anche dalla forma di questi libri, le tabelle numeriche si delimitano assieme e le istruzioni molto brevi poste all’inizio. Il libro di Copernico in altre parole ha le tavole disperse nel testo in mezzo alle dimostrazioni alla maniera della sintassi di Tolomeo (Almagesto). Così accade che la mente di chiunque desidera usare le tabelle, viene distratta dal testo ed il lavoro stesso viene privato della sua principale utilità. In secondo luogo, Copernico insistette sulla assurda ipotesi alla quale Reinhold credeva volesse offendere ed impaurire il lettore. Egli quindi decise di evitare qualsiasi menzione sulle strane supposizioni come anche le numerose e tediose dimostrazioni e pubblicò le tabelle stesse separatamente in forma di manuale, dopo averlo corretto e calcolato più diligentemente, così che esse potrebbero rappresentare più esattamente le osservazioni fondamentali sulle quali Copernico costruì la sua struttura.

Con la sua mente Reinhold intraprese il lavoro e mostra che si logorò in questa immensa e sgradevole attività. Se si desidera conoscere questo scopo, questo è davvero lodevole: la conoscenza definitiva del moto, della lunghezza, dei punti di partenza dell’ano, gli equinozi, solstizi, eclissi e grandi congiunzioni, così che la sublime raccolta di queste cose, la saggezza e la bontà del Creatore dovrebbero splendere in avanti. Ma allo stesso tempo, l’autore non nasconde lo studio delle predizioni e mostra che gli attributi all’arte del calcolo delle natività usando poche parole, ma piene di significato. Egli afferma che ‘Gli Eventi in questa natura più bassa sono influenzati o espressi dai moti e dalla posizione delle stelle, e perciò possono essere predetti’. Cosa altro può essere detto? Quindi in seconda intenzione la madre diventa più correttamente la nonna e la figlia diventa la madre, siccome una figlia si orienta guardando l’apparenza della nonna, è nata un’altra astrologia. E così (come ho già scritto su questa materia), la folle figlia astrologia, da un affare non approvato universalmente, nutrisce e sostiene la sua più intelligente, ma impoverita madre, Astronomia. E l’autore sembra confermare questo concetto dietro la maschera di negarlo. Mentre egli nega che mise le divinazioni prima dell’erudito e utile lavoro nelle tabelle, mostra se stesso versato in questo tipo di esercizio, e confessa di averlo messo in secondo piano.

Comunque, per paura che qualcuno pensi che quello che è stato scritto prima mostri che considero un uomo più erudito da classificare accanto a quei superstiziosi Arabi che solo l’argomento era vantaggioso più della filosofia, incoraggio i lettori a leggere la prefazione di Reinhold alla ‘Theorica di Peurbach’, che scrisse nel 1542 in stile più puro e gradevole. Da queste il lettore raccoglie i fiori della sua mente – ammirevole nell’aroma, emanando la sua fragranza dai giardini più intimi della filosofia. Sebbene si possa negare che gli eventi degli affari umani dipendano dalle stelle, ciò nonostante si è certamente forzati a riconoscere alcuni effetti sulle cose umane. Vedere pagine 178 ed anche la pagina 197 di questo commentario di Peurbach.

Ma torniamo all’argomento di partenza, dando ed essa ora maturità ed una fase di responsabilità alla Astronomia, che è stata riportata agli uomini. Per questo Reinhold rivendicò sulle Tavole Alfonsine, che non era d’accordo sui fenomeni abbastanza precisamente, molti osservatori esperti nelle osservazioni si lamentano anche delle Pruteniche e questo anno, proprio il 1625, offre la prova più evidente. Per esempio nell’intero anno Marte è stato osservato molto più lontano in avanti nel cielo rispetto a quanto calcoli delle Tavole Pruteniche predicono e l’errore cresce nei mesi di Agosto, Settembre ed Ottobre di una grandezza di quattro e quasi cinque gradi. Per Reinhold, che aveva seguito congetture basate su scarsi dati, dato che nessuno aveva registrato osservazioni sufficienti, supposto che la revisione doveva essere nel moto medio, mentre le tavole di prostaferesi (correzione) per gli equanti ed eccentricità dovrebbero essere utilizzate all’indietro ed in avanti per tutta la durata dell’Universo; egli fu ingannato su entrambe le stime ed infatti è preso da questo solo esempio. Per il moto medio di Marte, solo la minima quantità deve essere cambiata ed attualmente l’intero errore di questo anno proviene dagli errori delle prostaferesi Pruteniche.

Quindi accade che questo tipo di aberrazioni furono prima scoperte nelle Tavole Pruteniche nelle sole regioni dove furono scritte, da uomini abili nelle osservazioni delle stelle, soprattutto da quello che deve essere citato, per il suo grande merito, Guglielmo, il più illustre principe dell’Assia. Finalmente Tycho Brahe si elevò, un uomo di rilievo nel regno di Danimarca, che disprezzando gli altri studio dei suoi pari ed intraprendendo la restaurazione della Astronomia con il suo immenso intelletto, scelse per se questo esclusivo lavoro per il quale ha dedicato la sua vita e per il quale ha speso le splendide fortune della famiglia nella quale egli allevato. Egli fece con una mente priva di tutte le superstizioni astrologiche, concentrandosi sul solo supremo obiettivo di tutta la filosofia, la conoscenza sia di Dio che di se s stesso. Considero ciò la parte più importante della sua gloria. Egli riprodusse ciò con regolarità infallibile nono solo nei suoi scritti e poesie, nelle quali si dilettava, ma anche in una inconfutabile testimonianza anche nelle sue conversazioni giornaliere; infatti usati per deridere e detestare la vanità, la pigrizia, la sudditanza e la sporcizia della maggior parte degli astrologi, ma in modo tale da non negare l’effetto delle stelle sulle materie sublunari come parte fondamentale della filosofia, egli sapeva come distinguere con giudizio più accurato gli effetti generali delle stelle dagli eventi stessi sulle singole materie umane. La gente comune, credulona sulle miracolose predizioni, solleciti a spargere falsi rumori e molto erronei in entrambe poiché essi non capiscono, talvolta all’opposto questo uomo molto innocente con un inetto studio sulla sua reputazione, con parlare malizioso e con gelosia della sua grandezza.

Egli fu un uomo eccezionale: la proposta delle Tavole Rudolfine; la registrazione di migliaia di stelle fisse; l’indagine sui moti del Sole e della Luna; l’osservazione di tutti i pianeti per trentotto anni (e di continuo per gli ultimi venti) e la sua umana fiducia nella diligenza, osservazione, pazienza ed affidabilità.

Preferisco che il lettore apprenda dalla ‘Astronomia Danica’ di Christian Severinus Longomontanus più che dalla mia descrizione cosa mostrò Tycho per il moto della sosta dei singoli pianeti, oltre a cosa veramente già detto. Egli visse continuamente con Tycho per dieci anni; disse questo per appena pochi mesi degli ultimi due anni. Andò con Tycho al Castello di Benaty quando Longomuntanus fu li solo nel Febbraio del 1600, dopo fu chiamato dalla Styria da frequenti lettere di Tycho, l’occasione fu fornita dalla pubblicazione del mio ‘Mysteryum Cosmographicum’. Dopo essere andato per un accordo con lui, tornai nella Styria in Giugno per andare a prendere la mia famiglia ed i miei scaffali. In Ottobre dello stesso anno, quando Longomontanus era già via, mi sistemai con la mia famiglia a Praga per stare con Tycho. Ciò si dimostrò futile, per una febbre quartana (intermittente) che avevo preso durante il viaggio, ed essa riprese fino al solstizio d’Estate dell’anno successivo; nemmeno mi lasciò finché non tornai a Gratz per i conti della mia eredità. Quando tornai a Praga in Settembre, fui in grado di godere non più di due mesi della conversazione con Tycho, perché la morte lo prese nel 24 giorno del successivo Novembre.

Perciò Longomontanus indicò più accuratamente quali parti delle Tavole Rudolfine erano state finite mentre era vivo, quali aiuti o istruzioni aveva lasciato e quanto rimaneva da finire. Egli utilizzò correzioni originali di Tycho per tutti i pianeti ed le ha applicate come fondamento per il calcolo delle sue tabelle. Comunque da qualche parte, nel mio Commentario su Marte, ho indicato ciò ed una lettera su questo soggetto nel 1601 a Giovanni Antonio Magini, professore di matematica nel Ginnasio di Padova, che era stata stampata senza che io lo sapessi a Bologna, nei suoi Supplementi alle Effemeridi venti anni or sono ed esiste questo suo lavoro, assieme con la mia lettera ristampate nel 1614 a Francoforte.

Inoltre quando otto anni dopo la morte di Tycho, pubblicai i miei suddetti ‘Commentario sul moto del pianeta Marte’ (in una parte del lavoro sulle tavole lasciato in ritardo da Tycho Brahe e qualcosa iniziato prima a Benatky), Magini impaziente per questo ritardo, utilizzò i fondamenti lasciati da me in quel lavoro e calcolò le tabelle delle prostaferesi di Marte, ma nella forma usuale ed egli fece questa una parte del suo supplemento; egli più avanti ottenne le tabelle del moto del Sole e della Luna dal Volume 1 del ‘Progymnasmata’. Tycho Brahe ha infatti calcolato il catalogo di migliaia di stelle fisse prima di andare in Boemia ed ha inviato copie del manoscritto alle librerie del re e della principessa dovunque. Io stesso fui il titolare quello spedito a Vienna, quando nel 1600, lasciando Benatky in Boemia ed in direzione di Styria, passai per Vienna. Perciò credo che Johann Gruenperger, S.J. ha derivato queste migliaia di stelle fisse per la sua pubblicazione Romana sulle stelle fisse da una di queste copie; per le figure concordate. Longomontanus ha inserito le stesse migliaia di stelle nella sua ‘Astronomia Danica’, anche se esse differiscono di un minuto (d’arco) in longitudine.

Quindi, per un lungo tempo ora tutti hanno messo sulla propria barca le tabelle prese dal della Astronomia Boemiana e la testimonianza di molti studenti di Astronomia d’accordo con quali parti di queste tavole appartengono genuinamente a Tycho Brahe e quali invece da me, o quali ho introdotto in una nuova forma. Dovunque ho potuto, ho scelto le affidabili fondamentali osservazioni dei giorni attuali dal solo Brahe, ma ho le talvolta adottate da altri o da me, sia per rispetto dell’accordo, sia perché le osservazioni di Tycho non erano sufficienti per i periodi adatti a me.

Ma su ciascuno di questi punti, qualcosa è stato detto nella introduzione alle mie Effemeridi, e dovrebbe esserci un posto per dire di più dovunque. Comode tavole dovrebbero essere mancanti del peso che commenti esaurienti dovrebbero essere aggiunti. Nel frattempo il lettore ha le parti teoriche dell’Epitome [Quintessenza] della Astronomia Copernicana’, che è stata pubblicata nel 1621. In questo libro egli può vedere sia le forme delle particolari ipotesi (per la forma generale, come ho mostrato nei ‘Commentari su Marte’, è comune a Tolomeo, Copernico e Tycho) ed il metodo di calcolo per esse tutte le parti individuali di queste tabelle.

Prima di finire qui, mi sento obbligato di scusarmi per il ritardo lunghissimo nella pubblicazione di queste tabelle, infatti un vuoto di venti anni, sino alla morte di Tycho Brahe. Durante tutto questo tempo ho guadagnato un salario da tre imperatori d’Austria ed anche in anni recenti è stato aggiunto un salario annuale dall’esaltato Arciduca dell’Alta Austria. In realtà se il tempo perso fino ad ora non può essere attribuito ad alcun altro, eccetto il passaggio del tempo stesso ed il presente lavoro, lasciateci preservare cosa è, e lasciare cosa è passato per una critica. Comunque per richiamare le difficoltà create dagli ostacoli alla corte, dovute principalmente all’intervento delle guerre, non è necessario per quelli che sanno, e difficile da spiegare per quelli che non sanno. Inoltre, queste difficoltà sono state superate, nel frattempo ho seguito con pensiero persistente, quale opportunità fuoriescono dai ritardi interposti nello sforzo del pensiero nel perfezionamento della filosofia celestiale: il mio libro che nel frattempo era stato pubblicato per il pubblico uso, come anche il metodo per filosofeggiare, la novità delle mie scoperte, e l’inaspettato trasferimento dell’intero Astronomia dai cerchi artificiali alle cause naturali che erano assai profonde da indagare, difficili da spiegare e da calcolare, il mio tentativo diventò la prima, tutti parlavano di me. Queste cose, dico, e quelle simili saranno interpretate una descrizione abbastanza sufficiente del tempo ad un uomo intelligente.

Ma forse questo ritardo nel procedere con l’indagine sulle cause naturali dei movimenti sembrerà ad alcuni completamente superfluo, di nessun valore ed anche noioso. Ho già opposto a questi ragionamenti altre considerazioni rilevanti, sia nell’introduzione alle mie Effemeridi, dove replicai a David Fabricus e nel mio ‘Epitome della Astronomia Copernicana’; nella pagina 5 nel capitolo sulla causa delle ipotesi; alla pagina 334 nella prefazione del libro IV e nella pagina 622. Anche se ora questa difesa da sola dovrebbe essere sufficiente per me, ho fatto un infelice tentativo di dimostrare per tutti i pianeti un idea che Tycho Brahe concepì per primo ed annunciò pubblicamente nel costruire la sua teoria lunare, ovvero ‘la causa del movimento sembra essere fisica’; chiunque rifiuta le sfere solide non può altrimenti averlo. Ho mostrato questo è applicabile ai calcoli, ed in questo modo, in accordo con la mia capacità di comprensione. Ho sia asserito che confermato le supposizioni ed i pronunciamenti del mio maestro, il primo autore delle tavole Rudolfine.

Ma ci saranno ancora quelle due, disdegnando queste note, mi torchierà Reinhold autorità degli astronomi e filosofi, che ho elogiato prima e chi in questo commentario su Peurbach disse che ‘non considero un dibattito fisico forzato, come hanno fatto altri’ e chi chiede: ‘Cosa è più assurdo che disturbare e confondere le invenzioni geometriche con le congetture dei fisici?’. Non ha lui disputato con Tolomeo, con Aristotele ed anche con se stesso? Nella tarda prefazione al ‘Theorica’, scrisse: ‘Forse questi sette corpi lucidi, anche senza sfere’, che l’arte o piuttosto l’imbecillità del nostro intelletto ha provato a giustificare per esso stesso, ‘ha questa forza nella loro divinità, così che ciascuno conserva la sua propria legge e la perpetua armonia nella sua particolare varietà ed irregolarità del movimento. Per noi comunque, senza tutte queste sfere è stato molto difficile da capire ed approfondire intellettualmente almeno la razionalità., o come dico, l’armonia della irregolarità’. Da queste parole egli non respinge, ma tacitamente invita colui che introduce forme naturali e meccanica dei movimenti e tali forze simili a quelli dei magneti, che non sono solo più razionali che tutte quelle enormi sfere, ma essi offrono anche al pensiero sia facili collegamenti sia una guida al calcolo più rapido per le apparenti irregolarità del moto che le grandi sfere stesse. E così, ho tentato di farlo seguendo anche il consiglio di Tolomeo stesso (per timore qualcuno pensa che ho perso l’autorità degli antichi), chi richiede: ‘facendo le ipotesi più semplici e probabili possibili’.

Perciò, è facile per l’uomo che ha letto Cremona e gli altri commentatori sulle sfere per giudicare quanto sia rilevante che Reinhold si scusi sulla omissione delle discussioni fisiche. Questi autori hanno fatto si che le sfere introdotte in Astronomia una grande parte della fisica e della metafisica, come se la materia fosse stata esplorata completamente e per mezzo di molti argomenti con opinioni contraddittorie prese ovunque che hanno portato ad un inutile ed infinito caos di questioni ridicole. Esse erano state prese senza cura per dirigere quei dibattiti sia sulle istruzioni per facilitare i calcoli, o per rendere chiaro a tutti per mezzo del loro ragionamento le cose che appaiono nei cieli. Queste ragioni poste da loro stessi, nonostante la loro rottura in queste discussioni inutili o anche quando il creatore dubitò della realtà delle sfere nell’Universo, come disse Reinhold in accordo con la sua confessione e come Tolomeo stesso ripetutamente e con ovvia approvazione fece nel suo caso nell’Almagesto. Indubitabilmente, per Reinhold questo è ‘per disturbare e confondere con l’illusione delle congetture le invenzioni geometriche, che hanno la loro propria dimostrazione’. In questo modo può accadere a me che una persona impudente si vanti inutilmente della sua abilità, possa negare la verità di queste tabelle senza considerare che la logica dei fenomeni celesti che essi rappresentano e che possano supporli per confutarli se hanno provato a dimostrare che i principi fisici dei quali mi vanto sono falsi. Comunque, anche se spero possa difendere i principi sui quali è basato il mio lavoro, prima degli altri giudizi. Considero che ciò sia abbastanza per questa professione se ho messo prima gli occhi del calcolatore le necessarie definizioni e precetti più chiaramente attraverso quei principi che attraversano le sfere solide. E con queste scuse ora penso che ho sufficientemente difeso il cambio dalle sfere solide alle cause fisiche del moto ed ho detto abbastanza sulle ragioni dei molti ritardi. Ed ora ritornando alla materia alla mano ‘fatto abbastanza velocemente se fatto abbastanza bene’; penso che Dio immortale con le più alte lodi che ha prolungato per me il corso fluttuante della mia mortalità fino a questo giorno, quando ho messo la mia mano per l’ultima volta a questo lavoro progettato per le sue lodi e per l’uso umano, trionfando su tutte le difficoltà con il suo misericordioso aiuto.

[Aggiunto da Keplero come nota marginale:] ed ancora due altri anni nei quali il lavoro, finito da lungo tempo, attendeva la pubblicazione; accanto ad altre calamità che agitarono la provincia ove ho fissato la mia residenza con continui attacchi, il lavoro era infine completamente distrutto ed in rovina da una guerra contadina, un Iliade di diavoli, così che fu da me ripreso con un nuovo supporto, piani ed istruzioni.

E le osservazioni del presente, specialmente di Brahe testimoniano la certezza dei calcoli; sui tempi futuri non possiamo presumere più che le osservazioni degli antichi che ho usato o l’attuale stato del moto medio (non ancora completamente esplorato) e può essere mostro l’accordo delle cause fisiche. Le osservazioni di Regiomontanus e Walter mostrano che possiamo certamente considerare le equazioni secolari, così che io possa registrare cosa è stato dimostrato ora in un libro singolo, quale tipo e quanto grandi queste equazioni non siano definite dalla razza umana prima del passaggio di molti secoli e le osservazioni di queste come ancora non nate. (Vedere come meravigliosamente Willebord Snell ha commentato su questo pensiero verso la fine delle osservazioni sul Landgrave e di alcune di Tycho). E hai, infra, sulla dottrina delle eclissi, la chiara evidenza anche dalle osservazioni di questo tempo, che il movimento del Sole, la Luna ed il primo mobile [precessione] non sono di precisione matematica, ma hanno piuttosto un leggero incremento e diminuzione in modo irregolare.

E finalmente, per tutti quelli che fanno uso di queste tabelle nei suoi lavori – studenti di astronomia, filosofi ed anche attuali e futuri teologi – lasciatemi ricordare di attribuire questo per la posterità intera, alla munificenza dei miei mecenati. Quindi lasciate alzare non solo la mie più alte lodi, ma anche l’Austria, le famiglie governanti, che raggiunsero dai loro iniziali possessi dove il nome e le loro origini alla dominazione dell’intera Terra, come Dio le guidò al successo e quindi i tre imperi da che più augusta casa: Rodolfo II che chiamò Tycho Brahe alla sua corte quando egli fu trasferito dalla sua nativa Danimarca nella Germania sotto le più splendide condizioni degne delle sue illustri origini, che mi hanno dato un assistente mentre viveva e come un successore in una parte del lavoro quando morì, che ricevette ed approvò la denominazione ‘Rudolfine’ proposta da Brahe e che mentre visse promise a me somme sufficienti per la pubblicazione; e successivamente Mattia I, che prese su se stesso da suo fratello, lungo le sue province, reami e l’impero romano, anche una preoccupazione per le arti e per il mio salario; e finalmente Ferdinando II, che, accanto a tutto il resto, diede le somme promesse e con nuove liberalità, anche incrementandole e chi ordinò che le tabelle fossero pubblicate; così che dico grazie e tutto il merito a loro; e quindi può il lettore pregare per l’intera augusta casa.


BIBLIOGRAFIA

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Copernucus, Nicolaus 1543. De Revoluzionibus Orbium Coelestium, Nuremberg.

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Kepler, Johannes 1609. Astronomia Nova seu Physica Coelestis, Linz

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Kepler, Johannes 1621. Epitomes Astronomiae Copernicanae Lib. V, VI, VII, Frankfurt

Kepler, Johannes 1617-1619. Ephemerides Novae Motium Coelestis, Linz

Kepler, Johannes 1627.Tabulae Rudolphinae, Ulm

Longomontanus, Christina Severinus, 1622. Astronomica Danica, Amsterdam

Magini, Giovanni Antonio 1614. Supplementum Ephemeridum ac Tabularum Secundarum Mobilium, Venice; reprinted 1615, Frankfurt

Peurbach, Georgius, 1542. Theoricae Nvae Planetarum ab Erasmo Reinholdo Salueldensi Pluribus Figuris Auctae et Illustratae Schooliis, Wittemberg

Reinhold, Erasmus, 1551. Prutenicae Tabulae Coelestium Motuum, Tubingen

 


 

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